i racconti di Canterbury (G.Chaucher)


Spinto da curiosità mi sono avvicinato, non senza un certo timore reverenziale a questo classico della letteratura inglese, paragonabile al Decamerone di Boccaccio.
Una trentina di pellegrini, tra cui anche lo scrittore che quindi è personaggio (corale e non protagonista) come Dante lo è nella Comedia, si radunano in una locanda prima di partire per andare a visitare le spoglie di S.Tommaso Moro conservate a Canterbury. L'oste della locanda si unisce ai viaggiatori e propone un gioco, tutti devono raccontato due racconti all'andata e due al ritorno, chi alla fine del viaggio avrà raccontato il miglior racconto avrà in premio una cena.
Il libro purtroppo è ampiamente incompleto e sono presenti solo una ventina di racconti sparsi in dieci frammenti. Le storie narrate sono di vario genere: episodi mitologi, ribalderie, racconti morali, noveri di vizi e virtù, lamentazioni e a guardare oltre la loro trama emerge l'ordito costituito dal mondo tardo medioevale che lentamente si affranca dal feudalesimo (ed i suoi tre stati, clero, plebe e nobiltà) con l'emergere della nuova classe sociale della borghesia.
La prosa di Chaucher è intessuta di ironia ed abbandona spesso l'iconografia medievale dove l'abito fa sempre il monaco, facendosi precursore di un gusto già più moderno.
La cosa che mi ha maggiormente colpito è la continua ricerca da parte di tutti i narratori di provare la veridicità dei propri ragionamenti sostenendoli con autorevoli citazioni di autori latini, greci e cristiani. A quei tempi la rivoluzione scientifica, che ha cambiato la storia del pensiero moderno, era ancora lontana dal manifestarsi ed il criterio per validare una opinione era ancora l'ipse dixit.
In definitiva l'opera è godibile seppure molto lontana come riferimenti culturali, fanno eccezione il racconto di Melibeo e la dissertazione finale sui peccati che risultano essere due tediosi trattati morali.

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