Elettra (Sofocle)
C'è qualcosa nel teatro tragico greco che mi colpisce sempre con vigore, questo qualcosa è il senso liturgico della rappresentazione teatrale. I personaggi più che persone reali sono modelli che appartengono al mondo dei principi primi.
Elettra di Sofocle non fa eccezione, la vera protagonista della vicenda è non già la devota figlia di Agamennone quanto l'inesorabile etica della giustizia che si manifesta nella vendetta del giovane Oreste ai danni della madre Clitennestra e del suo amante Egisto.
Veniamo alla rappresentazione a cui ho assistito ieri sera, che potrei riassumere in due parole: classica e metaforica.
La scenografia era costituita da un sovrappalco, leggermente degradante, di forma triangolare e rappresentante un terreno brullo. Dai tre lati sporgevano tre piccole pedane triangolari (il tutto costituiva quindi un disegno a stella di davide). L'azione si svolgeva principalmente sul terreno, le pedane erano prevalentemente usate per i monologhi e talune volte i personaggi minori si aggiravano al di fuori della struttura. Al centro del triangolo un buco nel terreno rappresentava l'ingresso della reggia degli Atridi, rappresentazione metaforica della caduta e dell'infamia. A sostegno di tale metafora tutti gli atti anti-etici della rappresentazione (l'uccisione dei due amanti, le vessazioni verso Elettra, le genuflessioni di Crisotemi verso il potere) avvengono nel buio della buca.
I vestiti di scena sono apparsi ottimi e ben contrastavano sullo sfondo nero (ottimo nel dare epicità).
Buona in generale la prova degli attori, forse un po' troppo teatrali (ma in questo tipo di teatro sarebbe un errore non esserlo) nella modulazione di taluni passaggi.
Nota a margine la serata si è conclusa con mezz'ora abbondante di attesa nel silos parcheggi a causa di un malfunzionamento. Non ho potuto fare a meno di notare come quelle simpatiche vecchine che affollano i teatri si trasformino in arpie disposte a non cedere neanche un millimetro di spazio pur di uscire un minuto prima da una coda.
Elettra di Sofocle non fa eccezione, la vera protagonista della vicenda è non già la devota figlia di Agamennone quanto l'inesorabile etica della giustizia che si manifesta nella vendetta del giovane Oreste ai danni della madre Clitennestra e del suo amante Egisto.
Veniamo alla rappresentazione a cui ho assistito ieri sera, che potrei riassumere in due parole: classica e metaforica.
La scenografia era costituita da un sovrappalco, leggermente degradante, di forma triangolare e rappresentante un terreno brullo. Dai tre lati sporgevano tre piccole pedane triangolari (il tutto costituiva quindi un disegno a stella di davide). L'azione si svolgeva principalmente sul terreno, le pedane erano prevalentemente usate per i monologhi e talune volte i personaggi minori si aggiravano al di fuori della struttura. Al centro del triangolo un buco nel terreno rappresentava l'ingresso della reggia degli Atridi, rappresentazione metaforica della caduta e dell'infamia. A sostegno di tale metafora tutti gli atti anti-etici della rappresentazione (l'uccisione dei due amanti, le vessazioni verso Elettra, le genuflessioni di Crisotemi verso il potere) avvengono nel buio della buca.
I vestiti di scena sono apparsi ottimi e ben contrastavano sullo sfondo nero (ottimo nel dare epicità).
Buona in generale la prova degli attori, forse un po' troppo teatrali (ma in questo tipo di teatro sarebbe un errore non esserlo) nella modulazione di taluni passaggi.
Nota a margine la serata si è conclusa con mezz'ora abbondante di attesa nel silos parcheggi a causa di un malfunzionamento. Non ho potuto fare a meno di notare come quelle simpatiche vecchine che affollano i teatri si trasformino in arpie disposte a non cedere neanche un millimetro di spazio pur di uscire un minuto prima da una coda.
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