Maus (A. Spiegelman)


Prima di tutto voglio dirvi una cosa: "leggetelo".
Non ci sono spazi per "ma" o "forse" quando ci si trova di fronte ad un'opera di questo tipo.
Si tratta, per quelli che non lo sapessero, della storia a fumetti di un ebreo polacco deportato ad Auschwitz. La storia si muove su due livelli temporali, nel primo l'autore del libro stesso intervista il proprio nevrotico padre per cercare di realizzare una storia a fumetti sulla sua vita da deportato, nell'altro si svolgono le vicende di guerra e deportazione.
Il tutto si regge su un grande artificio retorico per cui gli ebrei sono rappresentati da topi, i nazisti da gatti i polacchi da maiali, gli americani da cani e via dicendo (ridicoli i sovietici salmoni e gli svedesi a forma di renna).
La potenza evocativa dell'immagine supera quella di qualunque racconto scritto ed oltre a ciò l'autore non scade in giudizi sommari su l'una o l'altra parte. Questi sentimenti totalitari li lascia al padre che nonostante abbia patito l'impossibile per colpa del razzismo non esita ad esibirsi in esclamazioni xenofobe nei confronti di uno schwarzer (uomo di colore).
Nulla è risparmiato a livello di verità, nulla è taciuto, solo il disegno attenua un pochino l'orrore e gli intermezzi in tempi moderni concedono qualche attimo di riposo facendoci comunque riflettere sulla profonda impronta che fatti come quelli possono imprimere nelle persone.

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