la guerra dei Roses (Warren Adler)



Eccoci di nuovo al ricorrente confronto tra teatro e cinema alle prese con la stessa opera. La guerra dei Roses gode infatti di una trasposizione cinematografica di grande successo con la quale tutti quelli che si cimentino in una rappresentazione teatrale devono confrontarsi.
Questa versione parte dalla fine e ci propone i due protagonisti già morti e giunti al cospetto del Signore cui raccontano la loro storia. La fase a monologhli contrapposti (per fortuna lasciatemi dire) dura poco e lascia presto il posto alla narrazione della storia attraverso una successione di flashback.
Il grottesco della storia e dei personaggi viene fuori limpidamente (come è naturale) e a poco serve l'attualizzazione dei testi (praticata soprattutto tramite l'uso di volgarità).
La recitazione è in genere buona e raggiunge il suo apice nei personaggi di secondo piano (i due avvocati) che non risentono del citato tentativo di riduzione del grottesco.
A scandire i tempi della storia lo scampanellare del lampadario che si fa via via più insistente sino a giungere all'atto conclusivo della morte dei due protagonisti coinvolti nel crollo dello stesso.
La scenografia è semplice ma efficace e divide lo spazio in due zone, una più lontana in cui è inserito lo sfondo della casa ed uno più vicino ai cui estremi due piattaforme girevoli consentono di mostrare o due mobili o due porte. Calando un sipario scuro semitrasparente tra le due zone e facendo ruotare le due piattaforme si crea un secondo ambiente più piccolo rappresentante lo studio degli avvocati dei due protagonisti.
Lo spettacolo appare un po' ingessato all'inizio per poi via via salire di tono e godibilità.

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